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1 luglio 2022

O. PAMUK Istanbul: i ricordi e la città (2003 – foto di Cartier-Bresson, scalinata Camondo, Istanbul 1965)

Per Ohran Pamuk il carattere più intimo, autentico e proprio di Istanbul è la malinconia (hüzün in turco), una malinconia collettiva, non individuale, tipica della capitale di un impero sconfitto, decaduto e travisato dall’influsso occidentale. Vi si respira un’antica, romantica tristezza delle rovine.

Non è la sontuosa Istanbul di Santa Sofia e del Topkapi bensì quella in bianco e nero delle viuzze e delle stamberghe di legno, l’Istanbul invernale, quella degli incendi, delle ville deserte dell’aristocrazia decaduta, degli amori infelici e degli scrittori solitari e lunatici, l’Istanbul inquinata e affumicata delle navi del Bosforo.

Unica luce in tanta malinconiosa tristezza è il Bosforo stesso, teatro di passeggiate boschive in famiglia, di venti improvvisi e di oscure, profonde correnti vitali, un po’ come il radioso Tirreno dell’ingiustamente ormai poco letto libro di racconti di A. M. Ortese (Il mare non bagna Napoli, 1953).

Un bel modo per avvicinarsi alla vera Istanbul… che non c’è più!