5 agosto 2022
C. LEVI “Cristo si è fermato a Eboli” (Einaudi 1945)
Ebbene sì, sono in fase meridionalista. E’ da un po’ che non vado al mare al Sud e mi manca.
Niente mare però nel capolavoro di Carlo Levi. Siamo nel 1935 a Gagliano (in realtà Aliano), nel cuore malarico della Basilicata. Un centinaio di anime, qualche decina di case che finiscono nel burrone.
Qui viene confinato Carlo Levi, antifascista, per giunta ebreo. Al massimo può spingersi fino al cimitero, l’unico posto ombroso e bello.
Ma persino Gagliano è un mondo, a chi sa vederlo. Un mondo di miseria e ingiustizia ma anche di magia. Accanto al tema sociale, nelle pagine di Levi rivive un groppo di streghe sciamaniche e castratori di scrofe, velenosi “galantuomini” dal nome di basilisco, preti infelici, becchini di paese capaci di ammansire i lupi e grotte infestate di fantasmi.
Lo stile è manzoniano a tratti, nervoso in altri, spezzato e non barocco. Fulminei i ritratti e frequente il discorso indiretto, come nei “Malavoglia”: la voce di tutti, le parole di tutti, sempre le stesse, da sempre, perchè quello che viene dopo intreccia quello che viene prima ed è la vita. Animali spirituali, bambini silenziosi, inutili passioni.
Il conglomerato di parole che ne risulta è la solida sorte del Sud, dove il futuro può solo portare l’ennesimo crollo di casa sul ciglio della frana ma anche il desiderio di ritornare e rimanere per sempre (come davvero fece Levi che ad Aliano volle essere sepolto) dove un cuore antico pulsava.